La new wave dei consumi sta lentamente ma profondamente modificando i nostri comportamenti di acquisto in tutti i settori merceologici. La richiesta di naturalità e filiera controllata ha investito da tempo il settore alimentare, all’interno del quale l’ascesa del biologico, oltre che inarrestabile, appare come unico sbocco per assicurarsi di non assumere sostanze nocive per l’organismo o più semplicemente per conoscere cosa stiamo assorbendo mentre addentiamo i nostri cibi preferiti.

Un altro settore particolarmente vivace, travolto dalla stessa onda è quello della cosmesi “verde” che nell’ultimo anno ha fatturato nel mondo circa 14 miliardi di euro (fonte: Organic Monitor).  Anche in questo mercato, come per il biologico nel food, le persone appaiono disposte a spendere una cifra superiore, a patto che tale maggiorazione sia giustificata. Nel caso dei cosmetici significa prodotti privi di sostanze sintetiche e rispettosi dell’ambiente. Non a caso, i canali di vendita che nel 2013 hanno registrato in Italia i tassi di crescita più significativi sono le erboristerie (+ 2,8 % corrispondente a 409 milioni di euro con una previsione del + 2,5 % per il 2014) e la corrispondenza (+4% ).

In linea generale, stiamo assistendo a una crescita del così detto consumo etico come alternativa al classico rimedio da scaffale della GDO, favorito dall’ascesa delle comunità online dove si discute e si alimenta il mito di certe marche.

Come per altri contesti anche qui il ruolo dei social media si rivela assai importante, in particolare blog e canali YouTube dove donne-influencer presentano i prodotti con un’introduzione su INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) e caratteristiche cruelty-free. Un fenomeno che cresce in parallelo con i web tutorial (alcuni, come Clio Make Up, partendo da YouTube sono sbarcati in TV) che mostrano come fare e indirettamente stimolano le giovani donne a cercare quali sono i migliori cosmetici in Rete come sul sito dedicato ABC cosmetici creato dalla stessa Unipro per diffondere la cultura del settore. Si scoprono decine di marche alternative che spopolano per la loro bontà genuina: Lavera, Fitocose, Bjobi, Alva Naturkosmetik, Verdesativa, Montalto, Officina Naturae, Omnia Botanica, Tea Natura o la più famosa Weleda.

Tutte pazze per l’eco-bio e pronte a esecrare la chimica. Anche se a onor del vero va detto che esistono prodotti di sintesi eco, e sarebbe già responsabile – per sé e per l’ambiente – scegliere tali ingredienti di qualità non aggressivi. Insomma, anche al super si potrebbero trovare i cosmetici “giusti”, a patto che le multinazionali accelerino con il lancio di nuove referenze più in linea con il nostro tempo. Da questo aspetto, la percezione è che la fase di aggiornamento nell’offerta in GDO proceda a rilento: l’innovazione di prodotto c’è ma si concentra su fattori più estetizzanti. Tra i pochi che, a memoria si fanno notare come ricettivi al trend c’è Garnier Ultra Dolce: nonostante  non sia impeccabile, in alcune soluzioni adotta una formula senza parabeni e siliconi apprezzata da quella fascia di consumatori sensibili all’argomento ma non ancora così appassionati da lanciarsi sull’acquisto online. C’è ancora tanto da fare per incontrare le esigenze delle persone, a cominciare ad esempio dalla costruzione di un dialogo più attuale che può partire da una rivisitazione istituzionale degli haul video (le promozioni “fatte in casa” di cui sopra) e concretizzarsi in una pagina all’interno del proprio sito dove si fa web tutorial con i propri brand. Oppure, un’altra idea immediata e solitamente poco battuta, attraverso un vlog (video blog) sempre all’interno del proprio website dove inserire regolarmente delle pillole riguardo il mondo della cosmesi e del beauty.

Prima, però, appare più che mai appropriato rifarsi il trucco rivedendo la composizione dei prodotti e riposizionando – almeno in parte – i propri brand.