Una causa legale destinata ad entrare nella storia – specie in materia di comunicazione e marketing 2.0 – quella che Nivea, noto brand del colosso multinazionale della cosmesi Beiersdorf, ha intentato contro Neve Cosmetics, società con 10 dipendenti (ma un buon fatturato) con sede in provincia di Torino, rea, secondo la sentenza emessa di recente di aver utilizzato un nome troppo simile e che aveva lo stesso scopo: evocare la purezza della neve!
La questione del naming è abbastanza complessa: quando si crea una nuova linea di prodotti occorre fare attenzione ai marchi già esistenti, onde evitare guai, facendo fare sempre una ricerca di anteriorità. Prima di lanciare una nuova linea di prodotti e di conseguenza le pratiche di registrazione di un marchio, è necessario affidare ad uno studio di consulenza una ricerca, per verificare se non ve ne siano di simili nella stessa categoria merceologica o contigua. Qualora ci fossero dubbi e criticità meglio cambiare direzione, gli uffici legali delle multinazionali, per esperienza, hanno tra i compiti essenziali anche quello di difendere il proprio marchio con ogni mezzo necessario.

E poco conta, a quanto par,e che i due brand operassero su canali e prodotti diversi (Neve vende solo attraverso l’e-commerce e produce esclusivamente cosmetici naturali, vegan e cruelty free, anche e soprattutto make-up, che invece non caratterizza il mercato di Nivea).
Come andrà a finire lo scopriremo solo dopo i 3 gradi di giudizio del Tribunale, ma ciò che deve far riflettere sin da ora è come si è sviluppata la comunicazione in questo caso emblematico e come è stata gestita.
Neve Cosmetics nasce online come evoluzione di una linea di cosmetici minerali promossa e venduta tramite un sito internet. E’ un classico esempio di come l’e-commerce funzioni se si hanno prodotti di qualità ed innovativi. E’ un’azienda giovane, attenta ai nuovi trend di mercato che vogliono beni sempre più naturali, privi di sostanze di sintesi, a basso impatto ecologico, non testati sugli animali, ed efficaci: il tutto made in Italy e ad un prezzo ragionevole. Il brand è cresciuto in pochi anni grazie a queste caratteristiche: i consumatori stessi hanno cominciato a fare tra di loro il passaparola, con l’ausilio ormai diffuso di social network, Vblogger e Youtuber esperte. I web-clienti , soddisfatti, si sono fidelizzati divenendo a loro volta brand ambassador convinti ed efficaci. La comunicazione di un marchio oggi non può prescindere da ciò.
E’ chiaro come il popolo della rete in questo contesto si sia scatenato contro la grande multinazionale: è immediatamente iniziato un tam tam di proteste sui social network, è stata avviata una petizione su Change.org

https://www.change.org/p/beiersdorf-nivea-stoconneve-vogliamo-che-la-beiersdorf-ritiri-la-causa-contro-la-neve-cosmetics-per-il-plagio-della-parola-del-marchio

in cui si chiede alla multinazionale di non proseguire con l’azione legale: ha già raggiunto circa 15.000 adesioni. Su Twitteer e Facebook domina l’hastag #StoConNeve.

Al tutto Nivea finora non ha risposto, anzi: i post di protesta sui social ufficiali dell’azienda vengono ripetutamente cancellati (censura?) come se nulla fosse ed è quindi scattato l’inesorabile stato di crises management. Una scelta del brand che lascia perplessità, perché potrebbe rivoltarglisi contro per vari motivi, legati proprio ai nuovi trend di comunicazione dei marchi- cosmetici e non- che vedono nel web l’arma del futuro su cui puntare.
Di fatto il gigante Golia che si mette contro il piccolo David difficilmente riscuote simpatia. Men che meno se lo si fa per un nome, Nivea/ Neve, che viene scelto in ambedue i casi come sinonimo di purezza e candidezza. Il significato “purezza” in questo caso è stato evocato attraverso il significante “neve”, creando una sorta di sovrapposizione semantica tra i due, e il capitale narrativo che vogliono veicolare pare essere lo stesso.
Le grandi campagne pubblicitarie di Nivea sono state sempre improntate nel raccontare questo concetto, quello del prodotto per la famiglia, che dona delicatezza, serenità e protezione pura. L’azione legale fatta contro la piccola azienda stona contro ciò: seppure è comprensibile per gli addetti al settore, non lo è per i consumatori.
Ma non è solo una questione di simpatia. I consumatori di oggi non accettano più passivamente la pubblicità. Vogliono essere partecipi. Le aziende moderne che hanno compreso in tal senso la potenzialità dei new media non si limitano a postare l’uscita di un nuovo prodotto cosmetico, ma chiedono pareri ed ascoltano le critiche.
Non è sufficiente leggere ciò che il cliente scrive, occorre -per fidalizzarlo- comunicare con lui, sapergli rispondere: farlo significa dare un’immagine più “vera” del brand, più “candida e pura”. Anche se i commenti e le critiche sono fortemente negativi. L’approccio ideale è quello dell’ascolto, della comprensione, del cercare di risolvere, o più semplicemente di chiedere scusa se l’azienda ha sbagliato in qualcosa, di trasformare la potenziale minaccia in opportunità.
Non sembra che la Beiersdorf o Nivea abbiano optato per questa metodica di comunicazione: l’hashtag che circola in contrapposizione ai fatti #IoStoconNivea, non è stato lanciato dalla multinazionale. Sarà stata la scelta giusta? Ce lo dirà il tempo. Ma attualmente le tendenze dicono di no.